Cultura & Spettacolo

Merry del Val, il cardinale che servì quattro Papi

di Martina Melli -


di ALBERTO PAGANI
Ridotto a poco più di un toponimo per i romani, forse a meno ancora per chi non viva nella Capitale, il nome del cardinale Rafael Merry del Val è invece quello di un uomo di Chiesa centrale tra XIX e XX secolo. Data l’indubbia eccezionalità della figura, l’oblio è ancor più incomprensibile a livello storico. A evidenziarne il ruolo negli eventi ecclesiastici del suo tempo è ora Roberto de Mattei, con un saggio edito da SugarCo: “Merry del Val. Il cardinale che servì quattro Papi”. Merry del Val nacque il 10 ottobre 1865 a Londra da una famiglia blasonata e fu un uomo cosmopolita e poliglotta come pochi al suo tempo: spagnolo di nascita (Merry del Val y Zulueta il cognome completo), inglese di educazione, romano per volere di Leone XIII, che comprensibilmente vuol farne un diplomatico e nel 1902 lo incarica arcivescovo di Nicea. Entra per volere di papa Pecci nella Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici, di cui divenne presidente, e si dimostra collaboratore efficace e discreto per delicate, tra l’altro affrontando la questione delle ordinazioni anglicane che Leone XIII dichiara nulle con la “Curae et Caritatis”. de Mattei segue passo passo la vita. Merry del Val è segretario del conclave che nel 1903 elegge Pio X, il quale lo vuole segretario di Stato e cardinale a soli 38 anni, con sorpresa della Corte Vaticana, tenendolo come collaboratore strettissimo, affrontando in totale sintonia spinose controversie quali la condanna di Alfred Loisy e George Tyrrell e i rapporti con mons. Umberto Benigni, creatore del Sodalitium Pianum. Con Benedetto XV e Pio XI, eletti ripettivamente nel 1918 e 1922, gli impegni e la battaglia contro gli errori dottrinari e morali del tempo non diminuiscono certo. Si pensi solo alla carica di segretario del Sant’Uffizio e alla pubblicazione dell’edizione riveduta dell’Indice dei libri proibiti. Ma anche al caso di Padre Pio, alle “Conversazioni di Malines” che anticipano l’ecumenismo conciliare condannato con l’enciclica “Mortalium animos”, agli scandali, alla condanna dell’Action française nel 1926, che costa a Merry del Val un duro scontro con Pio XI. Un uomo destinato al mondo, in mezzo a faccende complesse, che coltiva però una fede semplice, intima, personale, come attestano le sue celebri “Litanie dell’Umiltà”: “Che gli altri siano amati più di me Gesù, datemi la grazia di desiderarlo!”. Il conte Giuseppe Della Torre parla di “una santità così interiore che ha uno scrupoloso pudore di se stessa” e de Mattei di “una vita spirituale profondamente vissuta, un vasto orizzonte apostolico, uno spirito soprannaturale che si traduceva in una disposizione d’animo opposta a quella modernista”. Pur partecipando da protagonista ai conclavi del 1914 e del 1922, con la carica di arciprete della Basilica Vaticana e di segretario del Sant’Uffizio, sfiora l’elezione senza raggiungerla. La durezza adamantina con cui professa le proprie convizioni spiega probabilmente la mancata scelta. De Mattei ricostruisce lo scontro tra “religiosi” e quello dei “liberali”, rispettivamente in continuità e rottura con l’eredità di Pio X, che lo oppone al card. Pietro Gasparri nel ‘22, in uno dei conclavi “più contrastati della storia”. Un velo avvolge anche la scomparsa, avvenuta a Roma il 26 febbraio 1930, in seguito a un’operazione di appendicite. Il capitolo “Il mistero di una morte, il segreto di una vita” solleva pesanti interrogativi al riguardo. Il processo di beatificazione è aperto il 26 febbraio 1953 da Pio XII, che vuole elevarlo agli altari assieme a san Pio X, e il processo promosso dal Pontificio Collegio Spagnolo di Roma fu chiuso dopo tre anni. Ma la causa che porta alla proclamazione di Servo di Dio è da allora dormiente.
A distanza di decenni, Roberto de Mattei offre la prima biografia storiografica di Merry del Val: 470 pagine fondate su fonti archivistiche e diversi documenti inediti, dopo un vuoto con pochi libri, per lo più di taglio apologetico, tra cui l’ormai esaurita biografia del 1933 di mons. Pio Cenci, con prefazione del card. Eugenio Pacelli, al tempo segretario di Stato di Pio XI. L’inflessibile battaglia contro il modernismo del mancato papa ovviamente rafforza l’interesse di de Mattei, che presiede la Fondazione Lepanto e dirige la rivista Radici Cristiane e l’agenzia Corrispondenza Romana. Lo conferma il tono partecipe che si abbina al rigore scientifico. Storico della Chiesa, l’autore è stato per otto anni vice presidente del Cnr e docente nelle Università di Roma La Sapienza, Cassino e all’Università Europea di Roma, di cui è stato Preside di Scienze Storiche.


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