Economia

A conti fatti – Margherita punta ai quadri di Stellantis

di Giovanni Vasso -


Colpo di scena nella dynasty italiana: Margherita Agnelli porta l’attacco dritto al cuore del sistema trascinando, nella bagarre per l’eredità di famiglia, direttamente Stellantis. La madre del presidente John Elkann, infatti, ha fatto scrivere ai suoi legali un documento in cui si chiede come mai i quadri dell’Avvocato, tra cui un Monet, un De Chirico e un Balla e che lei aveva dichiarato di sua proprietà e scomparsi, siano stati scoperti, invece, nell’Archivio de Il Lingotto. Perché Fca, per intendersi l’ex Fiat, aveva quelle opere d’arte che un tempo rallegrarono le giornate in casa di Gianni Agnelli e Marinella Caracciolo a Villar Perosa o a Villa Frescot, su cui Margherita, che non le trovava più, accampa diritti? Questo il dilemma o meglio il salto di qualità dello scontro legale. Il valore delle opere d’arte è astronomico. I fratelli John, Lapo e Ginevra rigettano ogni accusa e rilanciano: “Furono proprietà di Mariella, lei non può accampare alcun diritto”.  

La Commissione Ue alza i dazi sulle auto elettriche cinesi ma il primo atto dell’esecutivo presieduto (ancora per quanto?) da Ursula von der Leyen, oltre a far infuriare Pechino, rischia di dividere, ancora di più, la (dis)Unione Europea. Per Bruxelles, le imprese cinesi approfittano di “sussidi ingiusti” che alterano il mercato a loro vantaggio. Ma gli europei, specialmente i tedeschi, con gli asiatici fanno affari d’oro. E non hanno la minima intenzione di smettere. Il braccio di ferro è iniziato: Germania da una parte, Italia e Francia (senza Stellantis…) dall’altro.

C’è chi passa una vita a sperare di vincere alla lotteria e chi, invece, la sua fortuna se la crea. Come Elon Musk che, con un’opera di convincimento durata anni e nonostante la ferrea opposizione del fondo sovrano norvegese, è riuscito a convincere gli azionisti Tesla a scucirgli un maxi compenso da 56 miliardi di euro. Per di più in un momento non proprio floridissimo per le casse dell’azienda. Ora tocca al (solito) tribunale del Delaware decidere dopo la nuova pronuncia dei soci favorevole al tycoon. Che è pronto a difendere con le unghie e con i denti la (ritrovata) pentola d’oro.


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