La lotta tra il bene e il male a ritmo Adagio
Fiamme vastissime e una coltre di fumo separano la Roma imperiale dalla suburra dove, a sedici anni da “Romanzo Criminale”, è in atto una nuova lotta tra le mille sfaccettature del male. Una lotta che incrocia passato e presente, fiaccando corpo e mente, la cui miccia non è un’Olivetti rivenduta in cambio di un arsenale di armi e neppure una partita di droga, ma una merce ben più rara: la reputazione. Nel suo andamento “Adagio”, che chiude la “trilogia di Roma Criminale” presentato all’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, conferma la premessa del titolo. Pur potendo contare su una sceneggiatura a incastro ben costruita, la resa sullo schermo non è così palpitante, fatta eccezione per due momenti: lo scontro “ad armi pari” tra Valerio Mastandrea e Adriano Giannini (l’uno clinicamente cieco, l’altro reso cieco dal blackout che ad intermittenza spegne la Capitale) e il confronto in ospedale tra Pierfrancesco Favino e Toni Servillo, che serve ai loro due personaggi per chiudere definitivamente i conti con il loro passato che, come prezzo, ha la malattia: Cammello (Favino) ha un tumore incurabile, Daytona (Servillo) lotta contro la demenza senile, a cui pure fanno da contraltare momenti di crudelissima lucidità.
C’è un ulteriore filo rosso che lega questi due personaggi: la paternità. Il primo ha perso il suo unico figlio nel corso di un colpo che sembrava banale, il secondo è invece padre adottivo di Manuel. E’ il giovane inte pretato da Gianmarco Franchini il perno dell’azione di “Adagio”: le forze centripete e centrifughe che senza sosta animano il film partono da lui e con lui finiscono. La suburra, infine, non è solo un fatto esterno ai personaggi: la lotta tra Bene e Male, concetto matrice da cui “Adagio” parte, avviene primariamente nell’animo dei personaggi; Vasco (Giannini), Bruno (Francesco Di Leva) e Massimo (Lorenzo Adorni) sono, in questo senso, figure di confine che preparano l’approdo on demand di un altro microcosmo costruito da Sollima, quello di “Acab – All Cops are Bastards”, raccontato nel film omonimo del 2012 e in procinto di diventare una serie per Netflix. A seguire arriveranno su Sky, segno della significatività dei due marchi per la storia della serialità crime italiana, il prequel di “Gomorra” – a dieci anni dalla messa in onda della prima puntata – basato sulla backstory del boss Pietro Savastano e quello di “Romanzo Criminale” attorno all’ascesa della Banda della Magliana. Candidato a cinque statuette, “Adagio” ha visto premiati i Subsonica per il Miglior Compositore ai recenti David di Donatello: «Grazie a Sollima che ci ha dato indicazioni fondamentali lasciandoci sempre liberi di fare musica». Curiosità: ad “Adagio” è legata una delle campagne di marketing più riuscite degli ultimi anni. A margine dell’uscita del film è diventato virale sui social un video – realizzato con l’Intelligenza Artificiale – che mostra il Colosseo in fiamme.
Torna alle notizie in home