Eric, Cumberbatch divino ma troppa carne al fuoco
Se c’è qualcosa per cui l’ambiziosa miniserie originale Netflix, scritta da Abby Morgan (The Iron Lady, The Split) brilla, è l’interpretazione di Benedict Cumberbatch. L’attore inglese infatti veste i panni di un geniale e creativo burattinaio (Vincent) alla disperata ricerca di suo figlio di 9 anni. Il bambino, di nome Edgar, è scomparso durante il tragitto da casa a scuola in una New York anni ’80 sporca e cattiva.
Da quel momento Vincent scivola in una spirale autosabotante tra alcolismo e allucinazioni: inizia infatti a vedere Eric, un pupazzo parlante e peloso alto due metri che è la materializzazione di un mostro disegnato da Edgar non solo per salvare il lavoro del padre ma anche per trovare un punto di incontro con lui. In realtà, malgrado dia il titolo alla serie, il mostro non è particolarmente rilevante e non aggiunge spessore o colore alla storia. E non solo il pupazzo Eric non è così importante ma nella serie ci sono addirittura personaggi assai più interessanti di Vincent e della sua famiglia: man mano che si va avanti, infatti, Vincent passa in secondo piano rispetto a Michael Ledroit (McKinley Belcher III), il detective che indaga sulla scomparsa di Edgar e che lentamente diventa il vero perno dello show. La sua dedizione e meticolosità nel cercare il bambino deriva da un altro caso di persona scomparsa rimasto irrisolto: quello di Marlon Rochelle, un quattordicenne afroamericano di cui si sono perse le tracce da mesi e di cui a nessuno sembra importare più. L’instancabile ricerca della verità porterà il detective – un omosessuale di colore negli anni della crisi dell’Aids – a frugare negli angoli più oscuri, regalando allo spettatore la cifra davvero emozionante della serie.
Ledroit è l’elemento che congiunge la vicenda di Edgar a quella degli altri personaggi, e la sua determinazione durante l’intero arco narrativo lo rende il vero protagonista di Eric. Per un po’, nelle primissime puntate, il punto di vista di Vincent è affascinante, ma quando i vari segreti nascosti iniziano a dipanarsi, il suo sguardo diventa quasi ridondante. L’attenzione viene catalizzata dal detective ma questo cambio di punto di vista ostacola il ritmo narrativo.
Non solo. Quello che dovrebbe essere il mistero principale di Eric (ovvero cosa sia successo al bambino) viene rivelato troppo presto, e i tanti elementi, il numero di trame, le questioni sociali, i temi e i personaggi, tutti insieme affollano il quadro e lo rendono caotico.
Cumberbatch, come ci si potrebbe aspettare, è ipnotico nel sottile realismo che conferisce alla disperazione del proprio personaggio, un maschio bianco americano narcisista e privilegiato completamente assorbito dal proprio talento e dalle varie bagarre innescate dal suo brutto carattere.
Nonostante l’ambizione di Eric lo renda a tratti prevedibile e fuori fuoco, è una produzione di qualità che vi terrà incollati al televisore.
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