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Caso Filippi, parla il giornalista Ario Gervasutti, vittima di intimidazione nel 2018

di Redazione -


“Mi pare impossibile che Alberto Filippi possa avere fatto una cosa del genere”. Ad affermarlo quando il caso esplose nell’agosto scorso, fu proprio il giornalista Ario Gervasutti, la vittima dell’intimidazione a colpi di pistola contro la sua abitazione a Padova nella notte del 16 luglio 2018. Egli attualmente è caporedattore del Gazzettino di Venezia ed era stato per sei anni direttore de Il Giornale di Vicenza. Fu in quel periodo che incontrò il parlamentare leghista. Adesso che c’è la richiesta di archiviazione del presunto mandante, Filippi, perché è risultato estraneo a fatti, l’apprezzato giornalista di 61 anni, che si fece le ossa professionali con Indro Montanelli al Giornale, afferma che la questione non lo riguarda più. “Ho parlato con gli inquirenti che mi hanno spiegato il quadro delle risultanze che hanno e che non hanno, e mi hanno spiegato la ratio della richiesta di archiviazione dell’ex senatore Filippi. Ne prendo atto, punto, va bene, sono contento così”. Gervasutti spiega che quando venne informato che c’era un pentito che aveva fatto il nome del possibile ispiratore della grave minaccia “non me n’era interessato più di tanto. Nel senso che quando era avvenuto il fatto ci preoccupammo a casa per un quarto d’ora, poi quanto verificammo che i miei figli, mia moglie ed io stavamo bene, fummo contenti. Fine. C’erano i buchi delle pistolettate nella camera da letto di mio figlio, per fortuna lui era incolume. Guardammo avanti”. Gervasutti ricorda che la questione sulla quale c’era stato da ridire con Filippi, quand’era direttore del Giornale di Vicenza, era la vicenda del Cis, vale a dire la realizzazione del polo logistico delle merci a Montebello, di cui l’allora parlamentare aveva acquistato una porzione dell’area. “Ma gli articoli erano stati equilibrati e Filippi più volte poté spiegare la propria posizione dalle colonne del quotidiano – aggiunge il giornalista -, dunque non c’era motivo di risentimento verso di me”. Gervasutti parla anche di reciproci messaggini intercorsi nel tempo dal contenuto pepato. “Ma la storia era finita lì. Quando poi sono stato informato dell’inchiesta – conclude – incaricai un legale di acquisire i fascicoli per curiosità, solo per capire che cosa c’era dentro. Quando ho letto il tenore dei riscontri, che cosa c’era dentro, ho preso atto e da quel momento ho deciso che per me la questione era chiusa”. i.t.


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