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SPECIALE – Alberto Filippi, la fine di un incubo. Cadono tutte le accuse dopo tre anni e mezzo

di Ivano Tolettini -


L’ex senatore Alberto Filippi non ha ordinato l’attentato contro Ario Gervasutti, per anni direttore del Giornale di Vicenza. Dopo tre anni e mezzo di indagini, di cui gli ultimi dieci mesi diventati pubblici, al proprietario di Unichimica, azienda vicentina di Torri di Quartesolo, hanno avvelenato l’esistenza per gravi accuse infondate, la verità è scritta nella richiesta di archiviazione. Ad accendere la macchina del fango, con il corollario di un affrettato processo mediatico in Tv e sui giornali lo scorso Ferragosto, è stato il pentito di ‘ndrangheta Domenico Mercurio. Questi ha catapultato Filippi nel tritacarne di un’inchiesta dell’antimafia come ipotetico mandante di una intimidazione a colpi di pistola ai danni del giornalista. Intimidazione avvenuta il 16 luglio 2018, a Padova, quando sconosciuti – che rimangono tuttora tali – spararono all’abitazione dell’ex direttore del Giornale di Vicenza. Gervasutti lo era stato dal 2009 al settembre 2016: le date, come vedremo, hanno la loro rilevanza. Si trattò di un vile attentato di cui l’industriale è estraneo, come riconosce oggi la magistratura inquirente. E la fattura da 25 mila euro indicata dal pentito come il corrispettivo dell’attentato, Filippi ha dimostrato carte alla mano che era il pagamento di un acconto per la fornitura di infissi. Filippi, parlamentare per due legislature dal 2006 al 2013, da questa vicenda ha subito danni milionari perché molti operatori economici e bancari hanno preso le distanze. Inoltre ha patito pesanti ripercussioni negative alla sua immagine. Tutto perché Mercurio si è inventato una storia degna di Gomorra, per vendicarsi del rapporto economico per i lavori di ristrutturazione di una villa dell’industriale. Così dallo scorso Ferragosto, quando il caso esplose a livello nazionale, con servizi televisivi sulle principali testate giornalistiche e articoli sui maggiori quotidiani nazionali come il Corriere della Sera, fino al 4 giugno, quando il Procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, e il sostituto Stefano Buccini, accogliendo l’istanza degli avvocati Cesare Dal Maso e Renzo Fogliata, hanno firmato la richiesta di archiviazione, il 58enne Filippi ha vissuto un‘esperienza angosciante. I magistrati, per la cronaca, hanno chiesto l’archiviazione anche dello zio del collaboratore di giustizia, il muratore Santino Mercurio indicato come presunto sparatore, e dell’artigiano veronese Stefano Vinerbini. Era contestata l’aggravante mafiosa per le dichiarazioni del pentito che sosteneva che Filippi avrebbe conosciuto, circostanza invece non vera, la famiglia ‘ndranghetista Giardino di cui avrebbe agevolato l’infiltrazione. La genesi dell’inchiesta sceneggiata da Domenico Mercurio affonda nell’autunno 2020. Anche se tutto ha inizio nella primavera 2018, quando Filippi entra in contatto con l’impresario crotonese Mercurio, 52 anni, da tempo trapiantato nel veronese e organico alla criminalità mafiosa. Succede quando l’imprenditore berico contatta Vinerbini, titolare della Magnum Blindati, società a cui si era già rivolto anni prima per la fornitura di infissi corazzati nella sua abitazione di Arcugnano. Quando l’industriale chiama di nuovo la ditta scaligera, non sapeva che nel frattempo era stata infiltrata dalla criminalità organizzata. E’ il maggio 2018, due mesi prima dell’attentato a Gervasutti, quando Filippi affida alla Magnum Blindati lavori in un immobile chiamato la “Villa Gialla”.
A settembre Domenico si pente e il 18 novembre 2020 ai pm Lucia D’Alessandro (che di recente si è trasferita a Firenze) e Stefano Buccini racconta che Filippi gli avrebbe commissionato nel 2018 l’attentato a Gervasutti. A sparare sarebbe stato lo zio Santino che ricevette 25 mila euro pagati con una falsa fattura emessa dalla Magnum Blindati a Unichimica nel giugno 2019. Il movente? Mercurio spiega che Filippi era arrabbiato con Gervasutti (che da due anni non era più direttore del GdV, ma il pentito non lo sapeva) per alcuni articoli su episodi di inquinamento. Che in realtà furono pubblicati settimane dopo l’attentato. Mercurio accusa anche Filippi di avergli commissionato un attentato incendiario contro la ditta toscana Toscolapi. Anche per questo episodio la procura chiede l’archiviazione. Tra l’altro, dopo che Mercurio accusò Filippi, il 21 novembre 2021 i due si incontrarono e il calabrese chiese a Filippi, che registrò l’incontro e consegnò il file audio agli inquirenti, somme di denaro per i lavori alla Villa Gialla. Si lamentava che con la cessione del credito ci aveva rimesso. Mai nel lungo colloquio fece riferimento all’attentato a Gervasutti. Si parla solo di contabilità del cantiere della “Villa Gialla”. Ecco perché i Pm scrivono della “perdita di credibilità del Mercurio le cui dichiarazioni non sono idonee a provare ogni oltre ragionevole dubbio la propria responsabilità e dei soggetti da lui chiamati in correità”. Come aveva già scritto il tribunale di Verona in un altro procedimento: è “del tutto mancante il requisito della credibilità soggettiva nel collaboratore Mercurio Domenico”. Una magra consolazione per Filippi che è stato protagonista suo malgrado di un processo mediatico che l’ha massacrato. A mandarlo in onda un pentito che voleva vendicarsi per ragioni economiche. “Filippi è la vittima di un comportamento altrui calunnioso”, attaccano gli avvocati Cesare Dal Maso e Renzo Fogliata, che hanno smontato un castello di accuse fabbricato con le bugie.


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