Editoriale

Il caso Francia e i nuovi equilibri

L’esempio della Francia è la dimostrazione che i tempi sono davvero cambiati e che lì come a Bruxelles, la destra premiata nelle urne non può essere ostracizzata. La mossa del presidente Emmanuel Macron di indire elezioni anticipate per applicare il solito schema tutti contro Marine Le Pen stavolta ha miseramente fallito. Ieri infatti il leader dei Républicains (Lr) Éric Ciotti ha annunciato di voler stringere un accordo elettorale con il Rassemblement national (Rn). La proposta ha ovviamente scatenato l’ira di molti neogollisti (magari qualcuno passerà con Macron, ma parliamo di numeri irrisori). L’annuncio resta comunque una novità nella novità dopo il tentativo in extremis di Macron di inficiare la vittoria della Le Pen. E seppure il presidente conferma che non si dimetterà, qualsiasi cosa accadrà, la Francia è cambiata: la destra è finalmente sdoganata. L’intesa con Lr, se confermata, segnerebbe la fine della conventio ad excludendum di Rn e della Le Pen. Dal canto suo, la donna forte della Francia ora può contare sul fatto di aver convinto gli elettori di non essere una pericolosa estremista. Di non voler uscire dall’Ue o dall’euro, di incarnare la destra di governo. In linea con quella di Giorgia Meloni, per intenderci. Sfumano dunque le speranze di Macron di essere attrattivo con un accordo di desistenza verso tutti i candidati uscenti del “campo repubblicano”, al quale il partito del presidente non avrebbe fatto concorrenza. Anche perché la coalizione di Macron è al 14 per cento (dati elezioni europee). Rn è al 31 per cento, e in coalizione con Lr (7 per cento circa) arriverebbe intorno al 39 per cento. Insomma, quello che sta succedendo in Francia è quanto è già avvenuto in Italia, dove governa una coalizione di centrodestra, ed è quanto succederà con i dovuti distinguo anche in Germania. Inevitabile dunque che il riequilibrio delle forze politiche dei singoli Paesi membri peserà sul nuovo assetto del Parlamento Ue.