La fotografia di Florence Di Benedetto in mostra a Pietrasanta
Dieci anni da una felice intuizione, quella di aprire a Pietrasanta – luogo di laboratori e fonderie – una galleria d’arte, traslocandola dalla location originaria nel cuore mondano di Forte dei Marmi, già aperta nel 1976. “Vedere le cose. L’enigmatica essenza del quotidiano” è il titolo della mostra dell’artista Florence Di Benedetto a cura di Tiziana Tommei, scelto per sintetizzare anche, in due parole, quell’intuizione di dieci anni fa. E’ la prima personale fotografica della galleria, che in genere tratta arte contemporanea. In mostra fino al 28 giugno nella Project Room di Via Garibaldi il progetto inedito “Mondo Visibile”, che coniuga fotografia e intervento manuale. “Vedere le cose” e “Mondo visibile” sono estratti da citazioni di Giorgio Morandi, alle cui nature morte con bottiglie rendono omaggio le opere esposte.
Ad un primo sguardo le opere del “Mondo visibile” di Florence Di Benedetto possono generare un subitaneo ed epidermico straniamento: è il rumore dello sfondo, l’accostamento della realtà silente e ieratica degli oggetti ad un terreno di azione intrinsecamente informale. Il progetto prende origine da un dialogo aperto con il passato, con i suoi exempla e le sue icone. Opere che raccontano il percorso intrapreso dall’artista e il suo nucleo valoriale: dalla trasversalità del bagaglio visivo e culturale, alla fede nell’eclettismo e nella sperimentazione; dal superamento di ogni rigida separazione tra tecniche e forme espressive, al coraggio di contaminare la fotografia pura, non alterata o modificata a posteriori, con la manualità di un fare ad azione diretta sull’opera – nel caso specifico attraverso l’effrazione (rayage) del supporto.
Al di là della linea scura che rincorre il profilo della rappresentazione fotografica del mondo visibile – della realtà fisica e concreta delle “cose” che si toccano, che hanno un peso, che si usano e si gettano, che decadono e tendono verso il basso – si dispiega lo spazio del gesto e della materia, una superficie che l’artista scalfisce, lacera e scava per portare alla luce l’impossibilità di una linearità estetica e di narrazione.
Spostando lo sguardo sul soggetto, tra le pieghe plastiche della tovaglia di lino e i richiami ai valori della pittura, si impone la composizione scenica delle “cose”: semplici, quotidiane, banali bottiglie di plastica, sculture scelte, trasparenti e solide forme, che abitano la prospettiva e si fanno ora architettura, ora simbolo, ora realtà.
Reperti archeologici che sottendono il riscatto del vile oggetto industriale e, al contempo, esortano a sintonizzarsi sul linguaggio delle “cose”, per esplorarle oltre la patina della fugacità, interrogarle, scavarle per carpirne l’inattesa bellezza e riuscire così ad amarle nella loro brutale autenticità. Un invito a vedere le “cose”.
Florence Di Benedetto nasce a Bari nel 1975 da madre francese e padre italiano, vive e lavora a Milano. Dopo il diploma all’Istituto Italiano di Fotografia di Milano, comincia a lavorare come fotografa di moda e still-life e come assistente del fotografo artista Maurizio Galimberti. Intraprende poi una ricerca personale incentrata sulla contaminazione tra fotografia e pittura, volta all’interpretazione originale di paesaggi metropolitani, per proseguire con la pittura di ispirazione pop e iperrealista. Negli ultimi anni si concentra su storie con approccio personale e spesso simbolico.
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