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Intervista esclusiva con Andrea Acutis, padre di Carlo Acutis

di Redazione -


di ANNA GERMONI
In un mondo dove i ragazzi vivono allo sbando, fagocitati dai social, dove pensano di essere protagonisti ma di fatto sono consumatori passivi perché interagiscono virtualmente con app di messaggistica, sfuggendo così all’incontro, al dialogo, all’ascolto. Tra gare irresponsabili, delinquenziali di andare oltre i limiti in diretta sui canali youtube con migliaia di follower esaltati da spettatori, più si è spregiudicati e sprezzanti del pericolo, più si è famosi con soldi subito e facili. In controtendenza a tale fenomeno, da molti decenni, c’è la figura di Carlo Acutis, primo influencer dell’epoca “millennial”, morto da adolescente per una leucemia fulminante. Nominato già beato e proclamato santo da Papa Francesco – ancora la data della sua proclamazione non è stata indicata – ma secondo fonti interne al Vaticano sarà a breve. Carlo Acutis, morto nel 2006, poco più che quindicenne a seguito di tre giorni di agonia, offrendo la sua sofferenza a Papa Benedetto XVI “per andare direttamente in paradiso senza passare il purgatorio”. È l’esempio a livello di fede religiosa ma altresì un modello laico da seguire per tanti giovani odierni che sono allo sbando, che non riescono a trovare se stessi.
In una intervista esclusiva, per la prima volta Andrea Acutis, 60 anni, padre di Carlo, persona credente, con un tono pacato, con una dialettica improntata solo al bene, con una grande fede religiosa, schivo da ogni riflettore mediatico e rinunciando a innumerevoli richieste di commenti da parte dei media nazionali e internazionali, riguardo alla proclamazione del figlio santo, ha deciso di concedere solo a noi, e ne siamo veramente onorati e grati, queste sue parole, ricordando che «i beni materiali non sono nulla, se non si ha l’animo e la libertà predisposta per fare del bene nel nome di Gesù».
Suo figlio, dopo aver vissuto a Londra per un breve periodo, si trasferì a Milano, frequentando una scuola cattolica e poco prima della sua prematura scomparsa una scuola secondaria gesuita. Viveva nella semplicità e si arrabbiava se i suoi genitori gli compravano vestiti di marca o sneakers di brand famosi. Dava una mano alla mensa dei poveri e aveva creato un blog seguitissimo, dove scriveva di fede. Soprannominato “l’influencer di Dio” o “il cyber apostolo dell’Eucaristia”, non ne teneva conto. Non aveva desiderio di fama. Usava il suo blog, come diario da condividere con altri, disposto al dialogo, al confronto. Quando scriveva trovava la pace di Gesù, la sua libertà.
Che ragazzo era Carlo?
«Carlo era un ragazzo speciale, aveva improntato la sua vita nella preghiera. Già a 7 anni, non mancava mai un appuntamento quotidiano con la messa. Pregava sempre e chiedeva a me e a mia moglie, di portarlo in pellegrinaggio nei luoghi dei santi e nei luoghi dei miracoli dell’Eucaristia, che lui definiva “un’autostrada per il Paradiso”. Era innamorato di Assisi ma non era un francescano. Era semplicemente un adolescente del nostro tempo, innamorato di Gesù, dell’Eucaristia e nella pratica del rosario».
Carlo cosa sognava di fare da grande? Quali erano i suoi progetti futuri?
«Carlo era un genio dell’informatica. Aveva un talento innato per questa materia. Con il suo computer aveva ideato uno schema del rosario che comprendeva i misteri della luce. Guardava l’universo come segno del Creato, perfezione di Dio. Sapeva benissimo che i mezzi di comunicazione odierni potevano esser utilizzati per renderci insensibili al mondo, lui invece li ha utilizzati come nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare i valori, la bellezza e soprattutto la libertà che solo Cristo ti può colmare appieno dentro il cuore di ognuno di noi. Ma una volta disse a mia moglie, che avrebbe voluto diventare prete. Non le dico lo sgomento in famiglia!».
Cosa amava fare con lei?
«Purtroppo per lavoro ero spesso fuori e non mi sono goduto mio figlio come avrei voluto. Carlo era un ragazzo buono, viveva la gioia dell’adolescenza insieme ai suoi coetanei. A scuola, se qualcuno aveva bisogno durante gli esami o interrogazioni passava le copie e suggeriva le risposte. Era un ragazzo come tanti, ma speciale perché ogni cosa che faceva la dedicava a Gesù. Viveva come un ragazzo qualsiasi, scherzoso, gioioso, buono, dedito agli ultimi, agli indifesi in simbiosi con il Vangelo. Per lui questo voleva significare libertà, nel senso più nobile di tale parola. Parlava ai suoi amici e amiche di comitiva di Gesù e dei sacramenti in un linguaggio giovanile, che toccava il cuore, l’anima di tutti. Ecco perché Carlo era speciale».
Un messaggio che vorrebbe mandare ai giovani…
«Scegliete un ideale positivo e perseguitelo fino in fondo. Ci saranno tante strade tortuose nel vostro cammino. Sconfitte, dolore ma perseverate. Non mollate e vedrete che i vostri sforzi saranno ricompensati da una gioia che vi avvolgerà come un manto dai piedi ai capelli fino ad arrivare alla vostra anima…».


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