LIBERALMENTE CORRETTO – L’utopia e l’autorità dell’egalitarismo
L’egalitarismo è la perversione utopica della condizione di uguaglianza degli uomini di fronte alla norma, che trova espressione nel sintagma “la legge è uguale per tutti”. Ciò sta a significare anche: “tutti sono uguali di fronte alla legge”. Si tratta di un presupposto della legge stessa; un postulato che la legge giuridica riconosce, ma non istituisce: la paritaria condizione degli uomini, la quale sussiste a priori e preesiste alla norma giuridica. Storicamente, il riconoscimento della paritaria dignità della persona umana si può fare risalire al Cristianesimo. L’humus storico-culturale, nel quale prende vita l’uguaglianza degli uomini di fronte alla norma, sia che promani da Dio, sia da Cesare, deve essere ravvisato nella civiltà cristiana, nell’ambito della quale è stato possibile distinguere il potere temporale da quello spirituale. In altre civiltà la distinzione esula del tutto, giacché la religione è ancella del potere costituito, cui conferisce il crisma della sacralità. Il servizio reso all’autorevolezza del potere costituito impedisce, o almeno ostacola, di per sé il riconoscimento della paritaria dignità della persona, giacché nell’esercizio del potere la condizione del sovrano, nonché dei suoi dignitari, è geneticamente superiore a quella del suddito. Ebbene l’egalitarismo, alla ricerca dell’uguaglianza utopica, compromette la sola uguaglianza possibile: quella dello status degli uomini di fronte alla norma; per realizzare l’impossibile uomo uguale, deve rinunciare alla norma uguale. Il sogno egalitario è ingannevole, perché annuncia la (massima) “parità”, ma realizza la disparità normativa, negando perfino le conquiste storiche della civiltà cristiana. La narrazione ingenua, ma seducente, del mainstream dei nostri giorni vuole che l’uguaglianza non debba limitarsi al rapporto dell’uomo con la norma, ma debba estendersi alla totalità delle condizioni di vita. L’uguaglianza semplice, intesa come status di diritto, non è sufficiente; deve evolversi in uguaglianza al quadrato. Ma c’è un piccolo intoppo: l’uguaglianza di risultato impone la rinuncia all’uguaglianza di diritto; il presunto secondo livello non si aggiunge al primo, bensì lo esclude. Non a caso il comunismo, insediatosi nell’oriente caratterizzato da una storia secolare di dispotismo, ha cancellato i diritti delle democrazie occidentali, lascito storico della civiltà cristiana. La ragione risiede nel fatto che l’egalitarismo è per sua natura utopico, autoritario e regressivo. Utopico, perché contrario alla natura umana. L’unicità della persona comporta la necessaria diversità dei talenti, delle inclinazioni, dell’intelletto e della volontà di ciascuno. Questa diversità è irriducibile ad unità; pertanto tutti i tentativi di omologare l’uomo sono destinati al fallimento; l’egalitarismo insegue una meta irraggiungibile. Autoritario, perché l’omologazione non può che essere perseguita forzosamente. Solo la coazione può indurre l’uomo a rinunciare a caratteri e inclinazioni personali, nonché alle sue scelte di vita, mentre l’esercizio dei diritti naturali di libertà conduce a risultati diversificati. Il dispiegamento della libertà produce inevitabili dislivelli; al livellamento si giunge solo mediante la coazione. Regressivo, perché l’omologazione comporta la mortificazione dei meriti e dei talenti, i quali sono per natura differenti. Lo sviluppo economico e sociale si fonda sull’apporto di ciascuno e sulla libera dinamica degli scambi, sicché l’egalitarismo, mortificando gli apporti diversificati, ostacola lo sviluppo. Ed è ulteriormente regressivo, perché l’uguaglianza degli uomini può essere perseguita solo con norme differenziate per categorie e sottocategorie sociali. Poiché non si possono fare “parti uguali fra diseguali”, secondo il credo socialcomunista, la norma generale e astratta viene sostituita dal comando selettivo e concreto. La legge non è più legge, bensì legge-decreto. La norma non è più valida erga omnes, bensì erga paucos. Si torna indietro nel tempo. Si rinnegano le conquiste della civiltà cristiana occidentale, innestata nella cultura greco-romana-illuminista.
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