Politica

Manca una settimana all’apertura dei seggi per le elezioni europee

di Giuseppe Ariola -


Mancano ormai solamente sette giorni all’apertura dei seggi per le elezioni europee e i partiti si preparano al rush finale di una settimana che sarà decisiva sia sul fronte interno che sullo scacchiere comunitario e, più in generale, nel consesso internazionale. La prossima settimana sarà quindi più intensa del solito, soprattutto per il leader politici a cui spetta il compito di contribuire a raccattare quanti più voti possibili per le proprie liste, a prescindere che siano o meno candidati. Un attivismo giustificato dall’esigenza di presenziare alle chiusure della campagna elettorale che si susseguiranno freneticamente nelle principali città italiane, dal nord al sud del Paese. Come detto, il rinnovo dell’Europarlamento prevede più di una posta in palio. Sul fronte dell’opposizione, la partita è innanzitutto tra Pd e Movimento 5 Stelle, con Elly Schlein e Giuseppe Conte chiamati a contendersi la leadership a sinistra, guardando ben oltre il voto del prossimo fine settimana e puntando fin da ora a definire gli equilibri in viste delle prossime elezioni politiche. C’è poi la corsa a superare lo sbarramento dei partiti di Renzi, Calenda e Fratoianni, che giocano un match a sé, con qualcuno che non dovrebbe avere problemi a raggiungere la soglia del 4% e qualcun altro che, invece, si contenderà il risultato sul filo del rasoio. Dall’altra parte del campo, la sfida è tutta tra la Lega e Forza Italia, con gli azzurri che inseguono – e sognano – il sorpasso sul Carroccio. Fratelli d’Italia corre, invece, una gara in solitaria e guarda in particolar modo al quadro che si andrà a comporre a Bruxelles dopo il voto. Giorgia Meloni è, infatti, la numero uno dei Conservatori europei che si preannunciano decisivi per il secondo step di questo appuntamento comunitario, l’elezione del Commissario europeo. Una circostanza che pone la presidente del consiglio italiana in una situazione certamente di forza, ma comunque complessa. Benché Giorgia Meloni abbia già annunciato di avere un suo nome da indicare alla guida della Commissione Ue, bisognerà vedere se la famiglia dei popolari e quella dei socialisti riconfermeranno l’intesa sull’uscente von der Leyen, in corsa ma non blindata, il che renderebbe complicato per la premier italiana sfilarsi e proporre un’alternativa che, in tal caso, non avrebbe i numeri necessari. Certo, il quadro cambierebbe completamente qualora la ‘maggioranza Ursula’ non tenesse per una seconda legislatura, il che potrebbe indurre il Ppe a puntare sul suo vicepresidente Antonio Tajani a cui, per evidenti ragioni, Giorgia Meloni non farebbe mancare il sostegno dell’Italia. A prescindere che l’identikit del titolare della Farnesina coincida o meno con quello immaginato dalla premier.


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