Politica

La grande generosità di Berlusconi e le accuse infamanti su Dell’Utri

di Redazione -


di CARLO GIOVANARDI
Ero stato eletto da un anno deputato per la Democrazia Cristiana quando, nella primavera – estate del 1993, attentati dinamitardi colpirono Via dei Georgofili a Firenze , San Giovanni in Laterano e il Velabro a Roma, lasciando sul terreno morti e feriti.
Ricordo bene anche che commentatori illustri indicarono la DC, in difficoltà per le indagini di Tangentopoli, come la mandante di quei terribili fatti, interpretandoli come l’inizio di una nuova “strategia della tensione” ideata al solo scopo di evitare una preannunciata vittoria elettorale del Partito democratico della sinistra di Achille Occhetto.
Trentun anni dopo quegli episodi la Procura di Firenze ipotizza che invece dietro quegli attentati ci sia stata la mano di Marcello Dell’Utri e dietro dell’Utri ci sia stata la regia di Silvio Berlusconi, che con doti divinatorie avrebbe programmato per tempo la sua “discesa in campo” per salvare gli italiani spaventati da una quasi certa vittoria delle sinistre.
Ma le bombe non avrebbero mai avvantaggiato un partito sconosciuto e appena nato, ma semmai consolidato il successo di partiti moderati già esistenti, come maliziosamente insinuava infatti all’epoca certa stampa.
La storia dei governi Berlusconi dimostra poi esattamente il contrario, essendo stati quelli che nella storia della Repubblica hanno varato le più dure norme antimafia e condotto vere e proprie campagne contro Cosa Nostra.
Basta pensare soltanto al consolidamento del 41 bis, al Codice Antimafia o all’Agenzia per il riutilizzo dei beni confiscati ai mafiosi.
In realtà, come tutti sanno, nel 1993 Berlusconi era impegnato allo sfinimento per convincere Mino Martinazzoli, allora neo segretario della DC – Partito Popolare, perché accettasse il suo aiuto e perché , come era sempre avvenuto, collocasse la DC in alternativa al Pds-Pci: quell’offerta venne però sdegnosamente rifiutata dal Segretario, che si guardò bene anche dal convocare gli Organi di partito per discuterla.
La prova oggettiva di questa infamante accusa a Berlusconi e Dell’Utri sarebbero i lasciti testamentari decisi dal primo a favore del secondo, per l’ipotesi accusatoria avvenuti per garantire il silenzio di Dell’Utri sui fatti del 1993.
Essendo stato per nove anni nei governi Berlusconi, prima come Ministro e poi come Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ma diventato anche amico personale del Presidente, non esito a definire questa ipotesi surreale.
Mi spiego con un episodio del 2005, quando il sottoscritto (ex allievo salesiano a Modena) e Berlusconi andammo in visita alla scuola dei Salesiani di Via Copernico a Milano, dove il Presidente e Fedele Confalonieri erano stati per otto anni allievi, con tanto di messa obbligatoria in Istituto tutti i giorni della settimana, domenica compresa.
Potete immaginare la commozione di suoi ex insegnanti ancora lucidi malgrado l’età e l’emozione per la visita alle aule, alla chiesa ed ai campi da gioco.
Più tardi in refettorio stavamo seduti per il pranzo, Berlusconi alla destra del Rettore e io alla sua sinistra.
Al caffè il Rettore si rivolse a Berlusconi ricordandogli che dopo lo tsunami nell’ Oceano Indiano aveva donato cinque milioni di euro a Don Pierino Gelmini per la costruzione di una struttura per assistere gli orfani.
“E a noi Salesiani, dove hai passato otto anni della tua vita, niente?”, aggiunse il Rettore sorridendo.
Così Berlusconi, sorridendo a sua volta, disse “ho capito” e gli firmò all’istante un assegno da mezzo milione di euro.
Talché, per togliermi dall’imbarazzo, anch’io estrassi ostentatamente 50 euro dal portafoglio, ricordando al Rettore che, secondo la parabola della vedova nel Vangelo, i 50 avevano in proporzione lo stesso valore di quelli di Berlusconi. Che, come tutti sanno, con grande generosità ha dato nella sua vita in beneficenza somme stratosferiche, senza ostentazione e senza vantarsene.
A chi obietta che poteva permetterselo, rispondo che tanti altri potrebbero permetterselo, ma si guardano bene dal seguire il suo esempio.
Anche adesso che è morto Berlusconi continua ad essere vittima della “cultura del sospetto” e del noto principio del marxismo leninismo che “se i fatti non corrispondono con l’ideologia, peggio per i fatti”.


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