Attualità

La Repubblica delle stronze

di Lorenza Sebastiani -


Viva le stronze. Dovrebbe essere un nuovo inno, un po’ come “Viva l’Italia”, titolo del celebre film di Roberto Rossellini e di un brano di Francesco De Gregori del ‘79. Tre parole divenute un assioma di liberazione da chi ci vorrebbe “al nostro posto” e non libere di essere ciò che ci pare. Il femminismo italiano ha senz’altro avuto notevoli meriti su temi come divorzio, aborto, sulla recente abrogazione del delitto d’onore nell’81, ma badate, anche il definirsi liberamente stronze è un atto neofemminista. Se la Sinistra si ritiene unica detentrice dei valori femministi, finisce per diventare troppo cieca e impaurita per vederlo. ‘”La Meloni ha una carica di Stato altissima, non deve abbassarsi al livello di De Luca”, questo il tenore di tanti commenti social contro la reazione che la presidente del Consiglio ha di recente assunto contro il presidente della Regione Campania. Certo, perché se uno ti insulta, ma sei la Meloni, tu non devi rispondere. E comunque se la insultano, secondo questi, un po’ di ragione ce l’hanno, perché quell’insulto non è un vero insulto, ma una mezza verità.

Insomma, in un momento in cui ogni parola è passata allo scanner, si scopre che lo scanner è di parte. E la reazione della presidente Meloni ha dato vita a una saga non da poco, che tiene tuttora banco sui social. Il primo a iniziare è stato De Luca. Il governatore lo scorso 16 febbraio usò il termine “stronza” riferendosi alla presidente del Consiglio, mentre parlava con i giornalisti in Transatlantico alla Camera. Una volta trapelata la faccenda, pochi si stracciarono le vesti per quella parola di troppo. Insomma, di schiena, in silenzio, uno “stronza” alla Meloni, secondo molti, non era un grave affare.

Ma le assurdità continuano. Vittorio Feltri sui social l’altro ieri ha scritto un’ovvietà, che (come tutte le ovvietà) di questi tempi appare rivoluzionaria: “De Luca diede della stronza alla Meloni e tutti zitti. Poi la Meloni incontra De Luca e gli stringe la mano, dicendogli “sono quella stronza della Meloni” e viene travolta dalle polemiche. Che idiozia. A brigante un brigante e mezzo”. Il navigato direttore si è preso un mare di insulti da gente che non sapeva che quel proverbio è stato per anni sulla bocca di Sandro Pertini, quando fu perseguitato per il suo impegno contro la dittatura mussoliniana, che gli costò una condanna a ben otto mesi di carcere. Contro un avversario che usa metodi poco istituzionali, bisogna controbattere alla stessa maniera, questo era il senso. Lo diceva Pertini, ma questi non ne hanno un’idea. Poi nei giorni scorsi De Luca, che poteva ritirarsi e avrebbe fatto la figura di quello messo alla berlina ingiustamente, e aveva pure già una vasta serie di difensori in rete, se n’è uscito col carico da Novanta. «Ho visto che la Meloni ci ha tenuto a comunicare la sua nuova e vera identità e noi non possiamo che concordare ovviamente». E allora la presidente, che dopo la carica ha acquisito una certa sicurezza sfrontata che prima non aveva, si è tolta un altro sassolino sul Corriere della Sera. «De Luca è un bullo», poi ha sottolineato che la Schlein non l’ha difesa, invitandola a «tirare fuori il coraggio» (che legnata). E infine, come se non bastasse, ha lanciato un’altra freccia: «De Luca non ha mai usato quella parola con nessun altro, il messaggio è che le donne si possono insultare perché sono deboli. È finito il tempo in cui le donne devono subire». E via così. La Meloni non si tiene più, vuole cambiare la giustizia, la cultura, il femminismo. E il vento impanica le masse. Ma a volte il vento può anche essere amico. E questo a sinistra qualcuno dovrebbe prima o poi capirlo. Soprattutto le donne. Da sempre ci dicono di fare le brave bambine, quindi diventare stronze e autodefinirsi tali è una conquista che va rivendicata con orgoglio.

“Sono qui, caro De Luca, e sono così”.

Lo diceva anche Clarissa Pinkola Estés in Donne che corrono coi lupi, “L’addestramento precoce ad ‘essere gentili’ fa sì che le donne non seguano le loro intuizioni, viene loro da sempre insegnato a sottomettersi al predatore. Finché la donna è addestrata a non registrare consapevolmente ciò che sa essere vero, gli impulsi femminili e i doni della sua psiche continuano a essere uccisi”. E allora questa presto potrebbe non essere più la Repubblica delle banane. Ma sarà finalmente la Repubblica delle Stronze.


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