Politica

LIBERALMENTE CORRETTO – I guasti del giustizialismo

di Michele Gelardi -


La distinzione concettuale delle sfere del diritto, della politica e dell’etica, le quali sono interferenti e comunicanti, ma devono rimanere autonome, è essenziale per assicurare le precondizioni della libertà umana. La commistione indistinta dei tre ordinamenti ha inizio, nel momento in cui l’autorità politica persegue l’ideale di uguaglianza degli uomini e di omologazione dei comportamenti perfino privati, intorno a modelli politicamente corretti. La politica livellatrice e omologatrice non può essere giustificata in termini di riconoscimento della libertà individuale, il cui esercizio diversifica i modelli, bensì come ricerca del “Bene” e coazione al “Bene”. Per questa via, la politica invade la sfera dell’etica. Al contempo, la politica “educatrice” invade la sfera giuridica per tre vie, l’un l’altra connessa: a) i valori politici (di Stato) non sono più opinabili, ma divengono giuridicamente vincolanti; b) la norma penale diventa elastica; c) l’avversario politico è “scorretto” per definizione, dunque commette reato. La caratteristica sub a) è dovuta al fatto che il pensiero politicamente corretto è uno solo ed è giuridicamente vincolante, per il fatto stesso di essere unico. Ne deriva la caratteristica sub b): il pensiero unico si traduce in precetti morali o moralistici ad ampio spettro, giacché la linea divisoria tra il Bene e il Male non è così precisa come quella che separa il rispetto e la violazione del diritto nei rapporti privatistici. Da qui l’estrema opinabilità del fatto illecito e la grande discrezionalità del giudicante. Si perviene poi alla caratteristica sub c), dal momento che l’avversario politico, che si oppone al livellamento e all’omologazione, è nemico del bene comune, pertanto la sua attività è di per sé antisociale, suscettiva di sanzione penale; sicché nei tribunali fa il suo trionfale ingresso la Politica. Per grandi linee, si può dire che la confusione dei piani del diritto, della politica e dell’etica alimenta il ”politicamente corretto” e questo, a sua volta, alimenta il giustizialismo. Sotto questo profilo, il giustizialismo può essere considerato l’epidermide di ogni assolutismo ideologico, che non conosce confini all’interno del coacervo indistinto diritto-politica-etica. Infatti la commistione delle tre sfere non può che giungere a compimento laddove la dea “giustizia” venga innalzata a principio ordinatore della convivenza umana, sommo e assoluto, al quale tutto il resto deve essere subordinato. Poiché i tre ordinamenti regolano i comportamenti umani secondo “giustizia” e dunque hanno in comune l’ideale e la meta del “giusto”, le insidie della commistione giustizialista rimangono celate dietro la superiorità dell’ideale, di per sé innegabile. In verità, non è facile tracciare i confini, che segnano il territorio autonomo dei tre ordini; è facile, tuttavia, verificare nei fatti gli esiti nefasti della piena commistione. L’Italia, a questo proposito, offre un immenso campionario di esempi probanti. In nessuna delle democrazie occidentali, la norma penale si presta a interpretazioni tanto elastiche come in Italia; né la “dea bendata” primeggia a tal punto, che perfino gli interessi nazionali risultano subordinati a esigenze “cautelari” discutibili. La produzione della più grande azienda italiana (ILVA) è stata sacrificata per accertare reati inesistenti; il gruppo dirigente dell’ENI è stato sottoposto a un processo decennale per fatti che non sussistevano, mentre i competitors stranieri approfittavano della paralisi aziendale. Ultima in ordine di tempo la vicenda Toti. L’esito giudiziario è sub judice; ma è certo fin d’ora l’esito paralizzante per il porto di Genova e gli altri investimenti in Liguria. A quanto pare, non sono in discussione le procedure e gli atti amministrativi riguardanti le opere; se lo fossero, sarebbero indagati i dirigenti regionali, responsabili dei procedimenti amministrativi, i quali hanno emanato e firmato gli atti. Pare anche che il “corpo del reato” consista in alcune migliaia di euro, elargite per sostegno politico-elettorale, non già come “prezzo” di un atto d’ufficio. Insomma, l’irregolarità degli atti non è in discussione, ma le opere regolarmente finanziate giacciono in un binario morto; fiat iustitia et pereat mundus.


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