Luca Ferrini – Una stagione teatrale felice e “Fuori uso”, e ora sogno un film con Borghi
Da molti è considerato lo spettacolo rivelazione dell’annata teatrale in corso. “Fuori Uso”, reduce dall’applaudito esordio al Teatro Donnafugata di Ragusa, è un progetto che si propone di intercettare i mutamenti socio-culturali attuali, calando il teatro nel quotidiano e nelle tante facce del malessere della Generazione Z. L’Identità ha incontrato il regista Luca Ferrini che in “Fuori Uso” ha diretto Chiara Del Francia, Alberto Melone, Elena Piacenti e Andrea Verticchio.
Luca, ultimamente hai debuttato a Ragusa con Fuori Uso, ci parli di questo tuo lavoro?
“Fuori uso” è un testo meraviglioso, comico e drammatico allo stesso tempo, leggero eppure tormentato che Costanza Di Quattro ha scritto per noi in maniera sorprendentemente poetica senza usare mai alcuna poesia. Ho avuto l’occasione di dirigere attori under 25 e di vivere a contatto con loro per tutto il periodo delle prove. Ho respirato la loro energia, ho toccato la loro vitalità, ho assaporato la loro immortalità scordandomi, praticamente sempre, di avere 48 anni. È, la loro, una generazione meravigliosa, interconnessa, informata, socialmente avanzata ma fragile, fragilissima come tutte le giovani generazioni da sempre sono e per sempre saranno. È stato difficile dovermi ricordare di non essere un loro coetaneo perché il vortice vitale che spira dai giovani è contagioso e coinvolgente. Diceva Oscar Wilde che la giovinezza è l’unica cosa che vale la pensa di possedere. Oscar Wilde aveva ragione.
Di un percorso ricco e variegato come il tuo, qual’è il momento che tiha fatto capire che ami davvero il tuo lavoro?
Sento dire spesso che i giovani sono superficiali, fannulloni ed ignoranti. È stata una immensa soddisfazione scoprire che non è vero. Vivere accanto a ragazzi così piccoli (volutamente non ho usato la parola “giovani”) e scoprire in loro attori talentuosi, perfezionisti, lavoratori instancabili, professionisti interessati, profondi ed individui informati mi ha fatto capire che ogni generazione critica quella successiva, ma le motivazioni sule quali si basano queste critiche non sono quelle che vengono elencate banalmente nelle chiacchiere da bar. I motivi delle critiche sono da attribuirsi al fatto che loro, i giovani, fanno le cose diversamente da noi e usano per costruire la loro casa dei mattoni diversi da quelli che abbiamo usato noi, ma sempre mattoni sono e di altissima qualità.
Cosa bolle in pentola per l’estate?
La prossima estate ed il prossimo anno sono già completamente pieno tra teatro ed eventi. Nuove avventure mi aspettano, ma devo dire che sarà difficile tornare alla realtà dopo questa vacanza nella “adolescenza”.
Dei tuoi colleghi, con chi ti piacerebbe condividere la scena?
Adorerei lavorare con Alessandro Borghi, Giovanni Scifoni e con tutti quegli attori che tengono alto il mondo dello spettacolo in un momento in cui il mondo reale sta tentando di distruggerlo. Il mio più grande sogno, purtroppo per ovvie ragioni irrealizzabile, sarebbe quello di trovarmi su un palcoscenico con Paolo Poli. Un uomo che della leggerezza, della cultura e della rivoluzione garbata ma ferma è diventato un vero e proprio simbolo.
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