L’Ocse e l’Italia che cresce mentre il mondo va piano
L’Ocse benedice l’Italia ma occhio all’inflazione e, soprattutto, al cigno nero. I numeri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo prevedono che, nel 2024, il Pil del nostro Paese salirà dello 0,7%. In aumento anche per il prossimo anno, nel 2025, quando la crescita è stimata nel tasso dell’1,2 per cento. Ci si attendono progressi anche per l’occupazione dal momento che, per l’Ocse, la disoccupazione scenderà, dal 7,6%, al 7,4 per cento di quest’anno e al 7,3% del prossimo. La performance italiana è trascinata, stando all’analisi contenuta nell’Economic Outlook, dalla messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Gli investimenti del Pnrr “saranno fondamentali per sostenere l’attività nel breve termine” e per “aumentare il potenziale di crescita nel medio termine”. Secondo l’Ocse, dalla “piena attuazione degli investimenti pubblici e le riforme strutturali previste dal Pnrr” potrebbero derivare un effetto di rimbalzo imponente sulle potenzialità produttive italiane dal momento che “l’utilizzo completo dei fondi implica che la spesa pubblica deve aumentare da circa l’1% del pil nel 2023 a circa il 2,5% del pil in media tra il 2024 e il 2026”. E potrebbe innescare un meccanismo virtuoso capace di “risollevare in modo duraturo il pil italiano con l’ulteriore vantaggio di ridurre ulteriormente il rapporto debito/pil”. Che è, da sempre, il tallone d’Achille del sistema economico italiano. “Il rapporto deficit/pil dell’Italia – dicono dall’Ocse – si ridurrà ma rimarrà al di sopra del 3 per cento fino al 2025”. Il che implicherebbe intervento seri e risoluti per tentare di arginare le falle. Due temi su tutti: lotta serrata all’evasione fiscale e pensioni: “sarà necessario aggiustamento fiscale ampio e sostenuto nell’arco di diversi anni per far fronte alle future pressioni sulla spesa, portando al contempo il rapporto debito/pil su un percorso più prudente e conforme alle nuove regole di bilancio dell’Ue. L’aggiustamento dovrebbe includere un’azione decisa per contrastare l’evasione fiscale, limitare la crescita della spesa pensionistica e condurre ambiziose politiche di revisioni della spesa”. E poi c’è quella matrioska di guai (non solo in termini di buchi di bilancio ma anche, a cascata, degli scossoni inferti all’economia reale) che s’è rivelato il Superbonus. Un’operazione pericolosa, ça va sans dire, anche per l’Ocse: “Il principale rischio negativo – si legge nella parte “italiana” dell’Economic Outlook – è che il ridimensionamento del Superbonus inneschi una contrazione maggiore del previsto degli investimenti in edilizia abitativa, che sono stati una fonte chiave di crescita nel periodo 2021-23. Sul versante positivo, l’accelerazione degli investimenti pubblici legati al Pnrr potrebbe stimolare la crescita nel 2024 e nel 2025”. I numeri Ocse legati all’economia dell’Italia potevano essere migliori. Ma vanno letti nel contesto di un’economia globale che, lungi dal riprendersi dagli scossoni Covid e crisi energetica, cresce poco, debole e teme l’apparizione di qualche altro cigno nero capace di scombussolare, una volta di più, i già precari equilibri del mondo. Ma a fare danni, in Europa più che altrove, è la politica monetaria ultrarigida varata per combattere l’inflazione. “L’inflazione sta diminuendo più rapidamente del previsto, i mercati del lavoro rimangono forti, la disoccupazione si colloca ai minimi storici o quasi. La fiducia del settore privato sta migliorando. Nonostante questo gli impatti legati alle condizioni monetarie si fanno sentire, soprattutto nei mercati immobiliari e creditizi”, ha spiegato Claire Lombardelli, chief economist Ocse. “Gli Stati Uniti e una serie di grandi paesi emergenti continuano a mostrare una forte crescita, a differenza delle economie europee”, che rischiano di perdere ulteriore terreno nella competizione globale e di finire ai margini. La crescita mondiale è “deludente” e all’orizzonte ci sono i rischi che minacciano di azzerare i faticosi progressi realizzati finora: “Restano preoccupazioni soprattutto legate alle elevate tensioni geopolitiche, in particolare in Medio Oriente, che potrebbero perturbare i mercati energetici e finanziari, provocando un’impennata dell’inflazione e far vacillare la crescita”. E poi c’è la questione “dei conti pubblici” che a livello globale “è preoccupante” al punto che i funzionari Ocse svelano ai governi il grande avversario: “Devono affrontare un indebitamento in crescita e l’aumento delle richieste di spesa dovute all’invecchiamento della popolazione, alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alle esigenze di difesa”. Insomma, pensioni, transizione green e guerra. L’Ocse crede, infine, nelle potenzialità dell’intelligenza artificiale.
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