Esteri

PRIMA PAGINA-Tutti per Draghi, Draghi per tutti. Intervista al deputato Ue di Forza Italia Salini

di Giuseppe Ariola -


Le parole di Mario Draghi hanno animato il dibattito sul futuro dell’Europa e della guida delle sue istituzioni. Ne abbiamo parlato con l’europarlamentare di Forza Italia Massimiliano Salini, che siede tra i banchi del Ppe.

Che chiave di lettura dà alle parole di Mario Draghi sull’Europa?

Sono affermazioni molto coerenti con diverse delle preoccupazioni che abbiamo espresso come Ppe su argomenti sensibili, penso all’atteggiamento tenuto dalla Dg Comp in questi anni. Quello delle telecomunicazioni è un esempio calzante, perché è uno di quei settori in cui spesso abbiamo allontanato la prospettiva delle grandi concentrazioni che hanno la funzione di garantire imponenti player capaci di porsi come protagonisti sui mercati globali. Questo ha portato a un arretramento sulle partite strategiche in nome di un’applicazione eccessivamente rigida delle regole della libera concorrenza, finendo per deprimere il potenziale innovativo delle imprese europee. E’ giusto, quindi, immaginare una revisione di questo approccio per essere protagonisti sul mercato. Tra le righe, vi è anche un’impostazione che punta ad accrescere il valore del bilancio Ue a supporto di politiche strategiche. Oggi il bilancio europeo è pari all’1% del Pil. Personalmente ritengo che la prospettiva di un bilancio più forte sia del tutto corretta, perché un’Europa con un bilancio piccolo è un’Europa piccola e anche indifesa. Quella delle politiche di investimento nel settore della difesa è una delle questioni che andrebbero collocate nel bilancio europeo ed è stata ripetutamente toccata da Draghi negli ultimi mesi anche a proposito degli Eurobond.

Quello della difesa comune è un tema che tiene banco da decenni……

Purtroppo, è diventato un adagio che continuiamo a ripetere senza metterlo in pratica. E’ dagli anni ’50 con De Gasperi che se ne parla. Come molto spesso accade nella storia è la guerra a sospingere le decisioni politiche e in questo momento non ci sono alternative a una difesa comune europea. Ma questo significa apportare modifiche importanti all’assetto europeo, anche dei trattati, perché per una governance unitaria e per investimenti non più coordinati ma unici bisogna ricostruire il rapporto tra nazioni e istituzioni europee. La politica estera dovrebbe diventare una competenza europea e non più dei singoli governi, ma c’è anche un altro elemento politico rilevante perché tutto ciò venga fatto in maniera coerente con le sfide del momento. Bisogna ridiscutere la funzione della Nato alla luce di un assetto geopolitico che vede una particolare centralità del Mediterraneo che, dal Mar Nero al Mar Rosso, rappresenta un nuovo baricentro all’interno del Patto Atlantico. Insomma, non è più trascurabile l’asse Nord-Sud del mondo, oltre a quella Est-Ovest, negli assetti dell’Alleanza.

Draghi potrebbe essere la persona giusta per far fare all’Ue quel salto di qualità verso gli ‘Stati Uniti d’Europa’ che tanto si invocano?

Da tempo ci si interroga sulle figure a cui affidare il futuro dell’Ue ed è inevitabile che tra queste ci sia anche Mario Draghi, che attraversa le partite più strategiche dell’Unione da quando era presidente della Bce. E’ ovvio che a ridosso delle prossime scadenze, oltre che alla luce del complicato percorso di Ursula Von Der Leyen che non va negato, circoli il suo nome. Certo, dopo aver detto con grande fair play di non voler presentare il documento che gli è stato chiesto dalla Commissione Ue prima della campagna elettorale, ha però fornito a Bruxelles ampie anticipazioni di quello studio con affondi politici decisamente impegnativi, uscendo un po’ allo scoperto.

E’ immaginabile una sfida tra due nomi così autorevoli e che godono di un ampio sostegno in Europa o è più plausibile che uno di loro si sfili?

In questo ambito non ci sono candidati che vengono spinti e altri indotti a sfilarsi. Dovesse rendersi evidente che la candidatura dell’uno o dell’altro non funzioni ci sarebbe un tavolo di discussione preventivo con il tempo e lo spazio per accordi ben concepiti, senza escludere, oltretutto, che potrebbero emergere altre figure su cui trovare la quadra e senza dimenticare che oltre alla Commissione c’è anche il Consiglio. Inoltre, tutti i componenti della Commissione vengono proposti dai governi, presidente compreso. Questo vale anche per Draghi che dovrebbe quindi non solo avere qualcuno del primo gruppo europeo, dunque del Ppe, che lo sostenga, ma anche il governo italiano che lo proponga come membro della Commissione europea. A questo proposito, guardando al governo Meloni, potrebbero essere percorribili anche altre strade.

Circola anche il nome di Antonio Tajani.

La sua autorevolezza è senza dubbio nota, così come la sua attitudine ai vertici delle istituzioni comunitarie, essendo stato presidente del Parlamento europeo. Quella di Tajani è una figura che calca i pavimenti dell’Unione da oltre trent’anni e si è sempre distinta per riuscire a fare andare d’accordo le istituzioni tra loro. E’ pacificante e questo è proprio il momento della pacificazione, così da consolidare il fronte occidentale, in particolare nel rapporto con gli Usa, tanto più alla luce di ciò che sta accadendo sull’altro fronte, con la tragica convergenza di amorosi sensi tra Russia, Iran e Cina. Tajani, Draghi e Von Der Leyen sono tre ipotesi altamente autorevoli anche in questo senso.


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