Bollette su, tassi (forse) giù: il bivio dell’inflazione
L’inflazione non sale né scende a marzo. La prospettiva resta sostanzialmente la stessa: +1,2 per cento a fronte di una previsione pari al +1,3%. Una buona notizia, certo. Che fa il paio con quella più attesa dagli italiani, ossia l’ulteriore decremento dei costi legati ai beni di prima necessità e di largo consumo, il “carrello della spesa”, il cui “peso” rallenta dal 3,4% al 2,6%. Ma c’è un segnale che non lascia presagire nulla di buono. Almeno ai consumatori. Che sono molto preoccupati. Perché la costante discesa dei prezzi dell’energia, secondo gli analisti dell’Istat, si è attenuata. A marzo, i beni energetici regolamentati hanno “aggiornato” il loro trend di discesa da -17,2% a -10,3%. Quelli regolamentati, invece, sono passati dal -18,4% al -13,8%. Insomma, bollette e carburanti iniziano a rincarare. E ciò si riverbera su un altro, importante, aspetto della vita economica quotidiana di cittadini e famiglie. Difatti, come spiega l’Istat, i prezzi dei biglietti per i trasporti sono cresciuti dal 3,8% al 4,5%. Secondo l’Osservatorio nazionale di Federconsumatori, queste percentuali si tradurranno in ulteriori esborsi, per gli italiani, pari a circa 378 euro all’anno. Stime che, invece, il Codacons rivede addirittura al rialzo stimando in circa 393 euro annui l’impatto dell’inflazione. Secondo il presidente Codacons Carlo Rienzi ciò è dovuto alla fine del cosiddetto “effetto energia”. “Il vero problema non è l’entità dei rincari, ma il fatto che questi si registrino nonostante negli ultimi due anni i listini siano saliti complessivamente del 13,8%, e in assenza di elementi che giustifichino i nuovi rincari”, ha spiegato Rienzi: “Al contrario i prezzi in Italia, dopo due anni di caro-vita, non solo non dovrebbero salire, ma dovrebbero iniziare una discesa che, purtroppo, ancora non si vede”. Per Federconsumatori, invece, occorre tassare gli extraprofitti delle società energetiche per garantire bollette abbordabili alle famiglie: “Il governo deve adottare provvedimenti mirati, per sostenere la domanda interna, con un’attenzione particolare alle famiglie che si trovano in maggiore difficoltà, utilizzando le risorse derivanti dalla tassazione degli extraprofitti e dall’aumento della tassazione sulle transazioni finanziarie, per la creazione di un Fondo di contrasto alla povertà energetica”, si legge in una nota.
Ma il tema dell’inflazione si lega, con forza, a un altro argomento decisivo degli ultimi mesi. I dati italiani sono positivi, la Bce può e deve ammorbidire la sua politica monetaria ma c’è un problema. Che è legato agli stipendi tedeschi: in Germania, infatti, le paghe sono salite per far fronte al carovita. Ma è noto che i falchi di Francoforte legano, al livello dei salari, le scelte da assumere sui tagli. I tassi restano alti e il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha rivolto al board della Bce l’appello a ridurre i tassi “di mezzo punto percentuale”, una richiesta che sarebbe “largamente coerente con le valutazioni che la stessa banca centrale fa in termini di riduzione dell’inflazione”. Per il capo della confederazione, la crescita del 2024 “è ancora tutta da costruire” e “una bella mano potrebbe giungere dalla Banca centrale europea”. Dando ossigeno all’economia, allentando il rigore e rimettendo in moto i consumi. Ma, più che a Sangalli, Lagarde dovrà prestare ascolto al Fondo monetario internazionale. In particolare, la governatrice Bce dovrà leggere, bene, cosa le scrive il capoeconomista Pierre Olivier Gourinchas secondo cui, in Europa, “ci sono scarsi segnali di surriscaldamento e la Banca centrale europea dovrà attentamente calibrare la svolta verso un allentamento monetario, per evitare che l`inflazione cali più dell`obiettivo”. In parole povere, il Fmi, dopo aver ribadito che la situazione tra Usa e Ue è completamente diversa (come tante voci, puntualmente ignorate, riferivano già da tempo) avvisa la Bce a non seguire la scia della Fed e a stare ben attenta: il troppo, stroppia.
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