“Case green”? Alle europee vota no
Nonostante i voti contrari e le astensioni, l’Unione europea ha detto sì alla direttiva sulle “case green”. L’improvvido provvedimento, che impone agli edifici non residenziali standard minimi di prestazioni secondo l’ambiziosa agenda dei tecnocrati di Bruxelles, è stato adottato nell’ambito dell’Ecofin nonostante i voti contrari di Italia e Ungheria. Si sono astenuti, invece, Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovenia e Svezia. La direttiva sulle “case green” rientra in quel programma-suicida denominato Green Deal che porta la firma del commissario Frans Timmermans, fino allo scorso 22 agosto commissario Ue per il Clima e vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per il Green Deal europeo. Il piano è un bagno di sangue, che porterà anche disordini sociali, visto che i cittadini europei sono alle prese da anni con una crisi economica che non accenna a placarsi, sulla scorta del cosiddetto combinato disposto del lockdown per la pandemia prima e delle sanzioni contro la Russia per la guerra dopo. Gli interventi sulle abitazioni che saranno a carico dei Paesi Ue e delle famiglie saranno un disastro economico. Come è noto, sulla carta – ma l’Italia ha già fatto presente che i tempi previsti sono troppo stretti – entro il 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero, il resto del patrimonio edilizio avrà 20 anni di tempo per raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Inoltre, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata dagli edifici residenziali di almeno il 16% entro il 2030, e di almeno il 20-22% entro il 2035. Direttive che è molto complicato (se non impossibile) applicare nella pratica. Infine, in base alla nuova direttiva, gli Stati membri dovranno ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, adeguandosi requisiti minimi di prestazione energetica. Sono previste delle esenzioni per edifici storici, agricoli, luoghi di culto o edifici di proprietà delle forze armate. “Bellissima direttiva, ambiziosa, ma alla fine chi paga, le famiglie, gli stati, l’Europa – ha commentato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti spiegando il voto contrario del nostro paese -. In Italia abbiamo esperienza su questo caso, ci sono stati pochi fortunelli che hanno rifatto le case con i soldi dello stato, che sono di tutti gli italiani, ed è una esperienza che dovrebbe insegnare qualcosa”. Per capirci, il superbonus – che ha fatto un buco in fronte alle risorse pubbliche – ha riguardato neanche il 4% del patrimonio edilizio italiano. Con le “case green” stiamo parlando di migliaia di miliardi, di porzioni di Pil europeo davvero considerevoli. Anche le famiglie dovranno indebitarsi per decine di migliaia di euro per ristrutturare le case. Il tutto per riduzioni del CO2 minime a livello globale, praticamente ininfluenti. Ecco perché sta agli elettori europei rimettere in linea le priorità dell’Ue con le prossime elezioni che possono cambiare le maggioranze e cancellare questa follia voluta da chi non ha il minimo contatto con la realtà economica e sociale dell’Europa. Le elezioni dell’8 e 9 giugno sono quindi fondamentali: bisogna votare per chi una volta al governo dell’Ue non proseguirà con il Green Deal e tutte le follie che comporta. Ma vorrà fare davvero il bene dei cittadini europei.
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