Attualità

IN GIUSTIZIA – Caso Tramontano: l’orrore, figlio del vizio

di Francesco Da Riva Grechi -


Orrore figlio del vizio: al processo per il femminicidio di Giulia Tramontano e l’infanticidio del piccolo Thiago, che avrebbe visto la luce dopo un paio di mesi, la Corte d’Assise di Milano ha ascoltato, la scorsa settimana, il collegio dei medici legali. Uno degli esperti, che si è occupato dell’autopsia di Giulia, per cui è a processo il compagno, Alessandro Impagnatiello, accusa l’ex barman di aver tentato di avvelenare la vittima per mesi con il topicida prima di ucciderla lo scorso 27 maggio con 37 coltellate.
La 29enne, incinta al settimo mese, è morta per emorragia e il suo corpo presenta «una serie di lesioni vascolari che hanno interessato il distretto del collo (ben 24) e toracico», sono le coltellate alla carotide sul lato destro e un’altra lesione alla vena succlavia sul lato sinistro a determinare una «rapidissima» perdita di sangue.
L’esperto ha aggiunto che le 37 coltellate, un «numero sicuramente elevato» sono state inferte con strumenti da cucina: «Almeno un paio di coltelli sequestrati in casa sono compatibili con le ferite». Il difensore della famiglia della 29enne ha chiesto di procedere a porte chiuse, di fronte a «immagini necessarie per l’istruttoria, ma che è meglio non mostrare» alla stampa e agli studenti presenti in aula. I giornalisti, e il pubblico, potranno tornare in aula solo per le conclusioni orali dei medici legali che hanno eseguito l’accertamento sul corpo senza vita della giovane donna incinta del piccolo Thiago.
È su questo aspetto che l’orrore del fatto, che si rivive nell’istruttoria davanti alla Corte d’Assise, esce dallo schema del processo mediatico per avere superato la stessa quotidiana “consuetudine” con la banalità del male che siamo costretti a sopportare.
Alessandro Impagniatiello ha 30 anni e lavorava come barman in un albergo di lusso di Milano. Era conosciuto e abituato alla vita dei locali più esclusivi e prestigiosi della città.
Ha già un figlio piccolo nato da una precedente relazione ed una ulteriore fidanzata che frequenta contemporaneamente a Giulia. Sarebbe stata proprio l’amante, una collega americana di Impagnatiello, a chiedere al 30enne di incontrare Giulia quel sabato. I tre avevano avuto un incontro burrascoso e Giulia aveva scoperto che anche l’amante aspettava un figlio da lui ma aveva deciso di interrompere la gravidanza. E il giorno dopo, domenica, l’omicidio così brutale.
Dunque ricchezza, bellezza e, come spesso accade in questi contesti, vizio incontrollato. Di questo sembra essere figlio l’orrore che la Corte d’Assise per il caso Tramontano ha ritenuto di dover nascondere agli occhi, pur abituati alla morbosità, dei genitori e dei cittadini di questo paese. È vero che l’inspiegabile sequela di femminicidi che hanno distrutto la nostra coscienza sembrano un fenomeno apparentemente unitario, almeno sotto il profilo dalla vittima, che è sempre una donna o, come in questo caso, un feto nel seno di una donna. È altrettanto vero, per , che ogni dramma è storia a sé. La morte di Giulia, e del bimbo che aveva in grembo, sono di una violenza talmente folle che già questo elemento caratterizzerebbe in modo del tutto particolare il caso. Ma, secondo chi scrive, è il vizio che sta sullo sfondo e che ha esploso la mano armata di coltelli da cucina di Impagnatiello, e dunque si annidava dentro la sua personalità malata, a spiegare l’assurda crudeltà di quest’azione criminosa.


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