Pallonomics

Adidas e la Germania si dicono addio: fine al veleno per la storia di calcio più lunga di sempre

di Giovanni Vasso -


Adidas addio: dice “solo per la maglia”, in Germania cambia anche quella. Non è una banalità, tutt’altro. Dopo un matrimonio lungo quasi ottant’anni, una storia che è finita dentro i film, i libri, nei racconti sportivi, fatta di clamorose vittorie, di icone che hanno tracimato il rettangolo verde per diventare simboli popolari tanto dentro quanto (soprattutto) fuori dai confini teutonici, è terminata. Dal 2027 Adidas non sarà più lo sponsor tecnico della Mannschaft, la nazionale tedesca, che ha accompagnato per tutto il suo cammino negli ultimi settant’anni. I vertici della Deutscher Fussball-bund hanno scelto Nike. L’accordo con gli americani partirà dal 1 gennaio del 2027, varrà per tutte le rappresentative nazionali tedesche, e andrà avanti (almeno) fino al 2034. Sembra, come riporta Handelsbatt, che l’azienda Usa verserà nelle casse della Federazione tedesca qualcosa come cento milioni di euro l’anno, per complessivi 800 milioni. Il doppio di quanto, finora, ha versato Adidas. I soldi, dunque. Ma, a quanto pare, non solo quelli. Sembra che i rapporti tra la Federazione e il suo (ex) sponsor tecnico fosse ormai logori e che l’Adidas non avrebbe voluto scucire neanche un euro in più rispetto a quelli già pattuiti. Cosa che avrebbe portato i padroni del pallone tedeschi ad accettare, a distanza di diciott’anni dalla prima proposta indecente (all’epoca rifiutata), il corteggiamento della Nike.

Come ogni grande epopea che finisce, la notizia del divorzio non è passata sotto silenzio. Quello scritto tra la Germania calcistica e l’Adidas è stato un racconto che era diventato popolare e che aveva accompagnato, a buon diritto, la storia stessa del calcio e, con essa, quella personale di generazioni di appassionati. I protagonisti, come sempre accade in questi casi, non sembrano essersi lasciati da buoni amici. Come fai, dopo aver diviso gioie e dolori, dopo tanti anni, a lasciarti così, da un giorno all’altro?

L’Adidas è rimasta spiazzata da quello che ha vissuto quasi un tradimento. La Federazione s’è precipitata a chiarire che la scelta di Nike è arrivata a seguito di “una gara trasparente”. Non è (solo) una questione sentimentale. L’aver vestito, per anni, una delle Nazionali più vincenti della storia del calcio, poi, ha rafforzato, di sicuro, il ruolo di leader nel mercato, lucrosissimo, dell’abbigliamento sportivo e tecnico. La casa fondata, tanti anni fa, da quel genio visionario di Adolf Dassler, puntava e punta, fortissimo, sugli Europei che si terranno quest’estate proprio in Germania. E di cui è main sponsor ufficiale. Non è banale notare che Adidas reciterà il ruolo di padrone di casa nella più grande manifestazione sportiva che si terrà quest’anno. Già il fatto che si giochi in Germania è tutto dire. Ma c’è pure da aggiungere che la stessa Mannaschaft sarà ospite, per il ritiro, dello stadio Adidas nella sede di Herzogenaurach. Un rito vero, per i tedeschi.

Il caso è diventato immediatamente il tema del giorno, in Germania. Anche la politica si interroga. Il ministro all’Economia Robert Habeck ha riassunto, in una battuta, il “trauma” che i tifosi tedeschi dovranno affrontare: “Non riesco a concepire la maglia della Mannschaft senza le tre strisce. È un pezzo di identità tedesca. Mi sarebbe piaciuto un po’ più di patriottismo”. Il suo collega alla Salute, Karl Lauterbach ha affermato a chiare lettere, su X, di ritenere che quella di passare da Adidas a Nike sia “una scelta sbagliata”. Sui social è scoppiata una polemica infinita. Non sarà facile lasciar digerire ai tifosi della Mannschaft una rivoluzione del genere. C’è poco da biasimarli. Ce lo vedreste Franz Beckenbauer con addosso una maglia della Germania non griffata da Adidas?

Intanto, il titolo dell’azienda, in Borsa, ha ceduto il 2%. E mentre la Bild si divertiva a far disegnare la nuova divisa Nike all’intelligenza artificiale, con risultati che non appaiono proprio né originalissimi né da stropicciarsi gli occhi, c’è chi sussurra che il flop possa costare la poltrona al Ceo di Adidas Bjorn Gulden, che pure aveva riportato le tre strisce in cima al mercato calcistico globale.


Torna alle notizie in home