Italia, vola il lavoro. I dati Inps parlano chiaro: le assunzioni tornano ad aumentare anche rispetto al periodo pre-Covid. I numeri diffusi dagli analisti dell’Osservatorio sul precariato presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale affermano che, nel 2023, ci sono state poco meno di 8,2 milioni di assunzioni da parte di datori di lavoro privati. Il trend, rispetto all’anno precedente, fotografa un aumento dello 0,3%. Si tratta di livelli che restano, comunque, superiori a quelli registratisi nel 2019 quando la pandemia era ancora più uno scenario da romanzo fantasy che una triste realtà.
La notizia più interessante che emerge dalla lettura del report riguarda l’aumento dei posti fissi. Rispetto ai numeri che si erano registrati alla fine del 2019, a dicembre ’23 c’erano poco meno di 1,1 milioni di lavoratori a tempo indeterminato. Per le altre tipologie contrattuali, e nello stesso arco temporale di quattro anni, l’aumento è stato più limitato attestandosi a poco meno di 500mila contratti in più (per la precisione 497mila). È naturalmente il Nord a trainare, ancora, il Paese. Qui il 73% dei lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato a differenza di quanto accade nel Sud dove, invece, rappresentano questi lavoratori il 64% dell’intera platea.
Ma non è tutto. C’è un dato da valutare, se si parla di lavoro in Italia, che non è banale. E riguarda il saldo tra le nuove posizioni e le cessazioni. Per la precisione, i nuovi contratti di assunzione, a tutto dicembre ’23, sono stati 8.175.000. Mentre, al contrario, sono terminati 7.652.000 rapporti di lavoro. Un numero, questo, che risulta in calo di un punto percentuale rispetto a quello registratosi nel 2022. Il saldo, dunque, è più che positivo. E si attesta a 523mila posizioni in attivo. Di queste, ben 396mila riguardano lavoratori assunti a tempo indeterminato. Per gli altri contratti, invece, si registra un saldo importante da 127mila unità, di cui 58mila a tempo determinato, 33mila per gli intermittenti, 26mila riguardo gli apprendisti, 8mila per i somministrati e 3mila in più per gli stagionali.
Stando, inoltre, a quanto riporta l’Osservatorio Inps sul Precariato, hanno segnato, rispetto al 2022, un aumento delle assunzioni le categorie del lavoro intermittente (+5%), del tempo determinato (+3 per cento) e gli stagionali (che sono saliti dell’uno per cento). Viceversa, segnano il passo i contratti di apprendistato (-5%), quelli in somministrazione (la flessione tocca i sei punti percentuali) e i rapporti a tempo indeterminato (-3%). Per quanto riguarda gli apprendistati, si registra un dato in netta “perdita” che però è spiegabile con gli effetti della pandemia. In pratica, l’Osservatorio Inps sul precariato ha rivelato che le conferme dei contratti di apprendistato, dopo lo spirare dei tre anni, sono in diminuzione di circa il 15 per cento rispetto al 2022. Questo è accaduto, però, perché nel 2020, in piena bufera Covid, alle prese con lockdown, zone di ogni colore, mascherine e limitazioni per motivi sanitari, si registrò una flessione di questo tipo di contratti. Insomma, tutto era nelle attese degli analisti.
Le trasformazioni da tempo determinato nel corso del 2023 sono risultate circa 788mila. Una cifra importante, in netto aumento rispetto al 2022. Stando agli analisti Inps, infatti, il trend è del +4%. Un andamento, questo, ritenuto superiore anche ai valori che si erano registrati nel 2019, prima che il Covid invadesse e rivoluzionasse la nostra esistenza e, chiaramente, anche la nostra economia. Il lavoro in Italia, dunque, non va così male. E gli analisti Inps sottolineano l’effetto positivo che è stato esercitato da alcuni provvedimenti in materia. A cominciare da Decontribuzione Sud, la misura che si conferma come l’agevolazione di maggiore impatto per quanto riguarda l’impatto “numerico” degli interessati. Solo nel 2023, il ricorso a Decontribuzione Sud è salito del 6% mentre Esonero Donne è aumentata di un punto percentuale. Balzo in avanti importante per Esonero Giovani che ha messo a referto un importante +26%.