007 e il favore dello zar
VLADIMIR PUTIN
Il boomerang dei servizi segreti italiani, che non si accorgono della fuga di Artem Uss e regalano l’Africa ai russi. È una parabola discendente quella dei nostri 007, considerati in passato un fiore all’occhiello negli scenari internazionali e oggi raggirati dalle spie del Gru, il servizio segreto militare russo artefice dell’esfiltrazione di Uss, il trafficante d’armi al soldo di Vladimir Putin, fatto evadere dalla sua villa di Basiglio con un’operazione degna dei migliori film di Hollywood, senza che la nostra sicurezza nazionale si accorgesse di nulla. Un duro colpo per il controspionaggio italiano, che ha minato i rapporti soprattutto con gli Stati Uniti, i quali attendevano l’estradizione del prigioniero e, consci dei rischi, avevano ampiamente avvisato l’Italia sia della caratura criminale del soggetto sia dell’alto rischio di fuga. E che si sono oltremodo indispettiti quando dal nostro Paese la scusa per giustificare il fallimento della missione è stata che i servizi segreti non erano stati avvisati da nessuno, quando il compito del controspionaggio è operare in autonomia per stringere il cerchio di osservazione attorno a spie estere e personaggi ritenuti pericolosi per la nostra democrazia. La verità è che dietro le scusanti e le fake news sull’esfiltrazione di Uss c’è l’imbarazzo della nostra intelligence per non aver in alcun modo, nonostante gli alert interni ed esterni, adottato contromisure in grado di fermare il piano del Gru, che ha portato via Uss dai domiciliari senza alcuna resistenza. E che oggi sta mettendo in atto una strategia da “asso pigliatutto” in Africa, il continente in grado di destabilizzare gli equilibri mondiali. D’altronde il Gru, l’apparato politico militare del Cremlino che ha preso il sopravvento dopo l’estromissione dell’Svr, il servizio di intelligence nazionale russo con competenze estere, e dell’Fsb, il servizio federale per la sicurezza interna della Federazione Russa, si è distinto per aver organizzato con dovizia l’invasione in Ucraina e, da allora, ha piazzato le sue spie non solo nei Paesi chiave del Patto Atlantico, ma negli Stati più instabili dell’Africa, dove la nostra intelligence aveva gettato le basi per la costituzione di ordini democratici e si è vista sfilare tutto il lavoro fatto, con il conseguente spreco di risorse finanziarie, proprio dagli agenti del Gru, con l’ausilio sui territori degli uomini della Brigata paramilitare Wagner e degli 007 turchi di Erdogan. È sullo scacchiere africano che ora si gioca la partita per la conquista della supremazia globale, con un’alleanza più o meno occulta guidata da Russia, Cina e Turchia, unite per minare le basi dell’Occidente. Un patto segreto che si sviluppa sul risiko dei territori e i cui inquietanti retroscena raccontano dell’azione pressante dei servizi russi, che stanno occupando “manu militari” Paesi e pezzi di regioni attraverso presunti o veri e propri colpi di stato, saccheggiando e uccidendo i poveri cittadini africani. Finora la Wagner, su ordine di Mosca, ha disarticolato completamente qualsiasi struttura che la nostra intelligence aveva costruito nel tempo in Mali. In Sudan come in Libia il servizio segreto italiano estero Aise ha sbagliato le attività, fidandosi del supporto di tagliatore che, una volta formati, si sono alleati con i russi. Da Tripoli, infatti, sono in aumento le partenze di barconi carichi di clandestini e, per questa estate, è prevista un’invasione epocale di migranti sulle coste italiane, in barba a qualsiasi accordo bilaterale condiviso tra il nostro governo e gli omologhi africani. Il Sudan ha avuto un effetto farfalla del tutto negativo per i nostri 007, che avevano offerto aiuto al generale sudanese Mohamed Dagalo, leader del Rapid Support Forces, allo scopo di arginare l’arrivo dei clandestini sulle nostre coste. Il gruppo paramilitare di Dagalo, formato da terroristi e tagliagole, è stato equipaggiato con armi e addestrato da funzionari dello Stato e agenti segreti italiani. E solo ora si scopre che l’addestramento ai generali golpisti altro non era che un regalo ai russi. Perché mentre gli 007 nostrani formavano militarmente gli uomini di Dagalo, il generale sudanese faceva il doppio gioco, alleandosi con la Brigata Wagner, ovvero con i russi al soldo di Putin, senza che la nostra intelligence se ne accorgesse. Risulta così tardivo l’appello lanciato un paio di giorni fa dall’ex autorità delegata Marco Minniti circa la presenza in Africa dei russi, quando queste nuove leve agli ordini del Cremlino sono state addestrate negli anni proprio dagli italiani. E a nulla servono le giustificazioni dei servizi segreti “non avvisati” dell’infiltrazione capillare delle spie russe sia in casa nostra e che nei punti chiave del pianeta. L’attività di egemonizzazione di Mosca a scapito dell’Italia, d’altronde, è nota almeno da sei mesi prima dell’invasione dell’Ucraina, quando le spie russe gettavano le basi per mettere in atto il progetto di Putin, nel quale era previsto l’utilizzo di agenti italiani prezzolati, di cui aveva fatto riferimento perfino l’ex premier Mario Draghi nel caso del dossier Usa sulle ombre russe. Dei presunti collegamenti tra pezzi della nostra intelligence e spie del Cremlino ne aveva parlato anche la sedicente agente segreta Cecilia Marogna, l’ex manager sarda che lavorava per l’allora capo dell’Aise, Luciano Carta, e per l’attuale direttore, Giovanni Caravelli. Le dichiarazioni della Marogna sono agli atti del processo in Vaticano al cardinale Angelo Becciu, nel quale era imputata, e raccontano la storia di due emissari di Putin che volevano portare a Mosca le reliquie di San Nicola di Bari. In una relazione finita al Copasir, Marogna conferma “di aver presentato ed accreditato, presso la Segreteria dello Stato Vaticano, i generali Carta e Caravelli nell’ottobre 2017. Particolare la conoscenza del generale Caravelli, che mi fu presentato dall’imprenditore romano Piergiorgio Bassi”. Lo stesso imprenditore che, nell’occasione, accreditò i due emissari russi.
Torna alle notizie in home